Non si ferma l’emarginazione dei dipendenti civili: smart working con “il freno a mano tirato” e solo militari nelle commissioni di concorso del personale civile
Roma, 19 aprile – “Prosegue l’attività discriminatoria e penalizzante condotta dall’amministrazione contro i lavoratori civili della Difesa. Stamani nuova assurda puntata”. È il commento di Fp Cgil, Cisl Fp e Uil Pa dopo l’incontro di oggi con la delegazione trattante del Ministero della Difesa sulla regolamentazione del lavoro in smart working di seguito all’introduzione dell’innovazione lavorativa nel contratto collettivo nazionale di lavoro delle funzioni centrali.
“L’ostinazione della dirigenza del Ministero della Difesa nel non ascoltare le ragioni delle lavoratrici e dei lavoratori civili e delle loro rappresentanze sindacali, come pure la resistenza all’innovazione dei processi organizzativi che caratterizza, invece, l’impegno di una Pubblica Amministrazione ad abbandonare vecchie prassi, rischia di vanificare alla radice il processo di modernizzazione del lavoro pubblico avviato con molta fatica dalle parti anche attraverso l’introduzione di nuove modalità lavorative nel contratto collettivo nazionale di comparto, primo paese in Europa a farlo”, affermano i dirigenti sindacali. “La dirigenza del Ministero della Difesa è purtroppo ancora legata a un retaggio culturale/militare che tende alla mera conservazione dello statu quo ante. Assolutamente restia ad accogliere le opportunità di rinnovamento che il Paese chiede alle amministrazioni pubbliche e ai lavoratori. Respingere i contributi migliorativi da noi avanzati nel corso delle numerose riunioni significa molto probabilmente consentire ai responsabili militari degli enti siti sul territorio nazionale di ritenersi liberi di interpretare, limitare o addirittura negare a proprio piacimento l’utilizzo di questa nuova importante modalità di lavoro, pur in presenza dei presupposti che ne consentirebbero l’affermazione, come peraltro ha già dimostrato l’impegno in tal senso garantito dai lavoratori nel pieno della pandemia”.
“A chiudere il pessimo quadro sovviene l’inaccettabile scelta dell’individuazione dei componenti delle commissioni esaminatrici che dovranno sovrintendere al concorso per 315 posti da destinare all’Arsenale militare di Taranto: ebbene, sui 60 componenti designati neppure una professionalità civile è presente nella lista, soltanto militari di ogni grado e ruolo. Siamo alla militarizzazione del dicastero! Prosegue, dunque, senza sosta il cammino verso la mobilitazione delle lavoratrici e dei lavoratori”, concludono i sindacati.